Le domande che seguono sono state poste agli autori di NANOLAB da uno studente di un ITIS. Ci sono sembrate particolarmente pertinenti e le mettiamo a disposizione dei lettori assieme alle risposte.
D: I punti (pozzi) quantici sono delle buche di potenziale tridimensionali all’interno delle quali uno o più elettroni si muovono su livelli di energia discreti. Le dimensioni sono nanometriche. Si tratta di solito di un materiale semiconduttore inserito in materiale semiconduttore a banda gap piu’ grande. Ho capito bene fin qui?
R: I pozzi quantici sono costituiti da una sequenza BAB di due materiali A e B con diverso gap Δ. Il gap è l’energia che separa la banda di valenza e la banda di conduzione del semiconduttore, ovvero gli stati elettronici pieni da quelli vuoti. Se, per esempio, la banda di conduzione del materiale A è più bassa in energia rispetto al materiale B, gli elettroni sono costretti nello strato A. Perciò la buca di potenziale è unidimensionale (nella direzione perpendicolare agli strati), mentre nelle altre due direzioni il moto è libero. In questo caso si parla di strati 2D di elettroni. Il confinamento tridimensionale (nessuna direzione libera) si realizza invece nei cosiddetti punti quantici (quantum dot in inglese), che possono essere realizzati in molti modi diversi.
D: Oltre ai semiconduttori, ci sono altri materiali per creare i quantum dots?
R: I quantum dot sono fatti di semiconduttore perché solo in questo caso gli elettroni hanno una ‘massa efficace‘ abbastanza piccola da risentire del confinamento (in un solido un elettrone sottoposto ad un campo elettrico accelera con una massa inerziale diversa dallo spazio libero. Si parla perciò di massa efficace.). L’energia di confinamento è infatti inversamente proporzionale alla massa. Per costruire dei quantum dot metallici (in un metallo la massa efficace è circa uguale a quella degli elettroni liberi) le dimensioni si ridurrebbero a pochi atomi. In questo caso, però, non ha più molto senso considerare il materiale come un solido. Si parla in questo caso di cluster metallici. In definitiva, solo nel caso di semiconduttori si può parlare di quantum dot. Esistono però molti tipi di semiconduttori, e molti modi di ‘costuire’ quantum dot. I materiali più usati sono Si, SiGe, GaAs, GaN, InAs, GaN, CdSe, CdS. I quantum dot possono auto-aggregarsi, o essere costituiti da sovrapposizioni tridimensionali di due materiali A e B con gap diverso, o ancora essere ‘disegnati’ elettrostaticamente nel piano di un sottostante strato elettronico 2D (con un processo detto litografia a fascio elettronico).
D: Non ho capito perché i quantum dots hanno una banda di assorbimento molto larga mentre una banda di emissione molto stretta. Perché’ la banda di assorbimento non è uguale a quella di emissione? Perché’ questa asimmetria fra le due bande? Ho letto qualcosa riguardo alla fluorescenza: si assorbe un fotone di una certa frequenza e se ne emette uno con frequenza minore, ma fluorescenza non implica differenza fra le due bande.
R: In generale un fotone può essere assorbito a qualunque frequenza superiore al gap, eccitando un elettrone dalla banda di valenza alla banda di conduzione. Perché il processo abbia luogo, è necessario che siano disponibili degli stati disponibili in banda di conduzione. Normalmente, più si va in alto in energia, più densi sono gli stati disponibili, più il processo è probabile. Anche in un quantum dot, in cui gli stati di energia più bassi sono discreti, si ha un continuo di assorbimento ad energie sostanzialmente più grandi del gap (spesso perché il punto quantico è immerso in un solido, il cui spettro di eccitazione è continuo). Una volta assorbiti i fotoni, ed eccitati un corrispondente numero di elettroni in stati energetici più alti, questi ultimi rilassano velocemente verso i più bassi stati disponibili in banda di conduzione (l’energia in eccesso viene liberata attraverso molti meccanismi, quali eccitazioni di vibrazioni molecolari, urti tra molecole, vibrazioni reticolari, ecc.). Nei solidi il processo di rilassamento è molto veloce (dell’ordine dei fs). L’emissione (cioè la transizione dell’elettrone nella banda di valenza, la cui energia in eccesso è data ad un fotone emesso) avviene su tempi molto più lunghi (almeno dell’ordine dei ns). Per questo l’emissione avviene ad una specifica frequenza, molto ben definita.
In alcuni materiali la emissione può essere ritardata anche di molto, nel qual caso si parla di fluorescenza. La fluorescenza in effetti non implica di per sé la asimmetria. Tuttavia, la asimmetria tra emissione ed assorbimento è un fatto molto generale, originando da diversi meccanismi in diverse classi di materiali o molecole, e non è specifica dei punti quantici.
D: Quando un materiale riceve energia, uno o più elettroni dalla banda di valenza vengono eccitati e promossi alla banda di conduzione se la frequenza dell’energia incidente è almeno uguale o superiore alla frequenze a cui corrisponde il band gap. La frequenza del fotone incidente deve essere uguale o maggiore della frequenza corrispondente al limite superiore della band gap. In cosa differisce questo processo dall’effetto fotoelettrico, per il quale è ugualmente necessaria una energia minima del fotone?
R: Nel processo di assorbimento di luce in un semiconduttore l’energia del fotone deve essere almeno pari a quella del gap. In tal caso pero’ l’elettrone fotoeccitato rimane nel materiale (e solitamente infine riemette luce). L’effetto fotolettrico invece consiste nell’estrazione di un elettrone (sia da un semiconduttore che da un metallo). L’energia minima percio’ e’ piu’ grande del gap (se c’e’), perche’ serve anche l’energia per ‘strappare’ l’elettrone, non solo per eccitarlo.
D: La virtù principale di questi punti quantici è avere livelli energetici discreti, come una singola molecola od un singolo atomo. Perché’ non usare direttamente atomi e molecole allora? Sono forse troppo piccoli (Armstrong)?
R: Lei dice una cosa assolutamente corretta. Il punto è che è difficile maneggiare singoli atomi. Inoltre, la loro frequenza non può essere cambiata, mentre i punti quantici possono essere disegnati per emettere ad una frequenza che dipende, a parità di materiale, dalla dimensione e dalla forma, cioè può essere ingegnerizzata. Inoltre, essendo i punti quantici costituiti da migliaia o milioni di atomi, la loro attività ottica è molto più intensa di quella di un singolo atomo.
Una delle prospettive in alcuni campi è quella di usare singoli atomi (droganti) in una matrice di semiconduttore. Anche questo non è semplice, perché posizione e densità dei droganti seguono distribuzione stocastiche, è difficile cioè distribuirli a piacimento. Questo impedisce, per esempio, di situarli nei punti ottimali delle cavità ottiche, che sono necessarie ad amplificare il segnale ottico e a selezionare specifiche righe atomiche.
D: Non si potrebbero usare pigmenti od altre strutture organiche simili invece dei punti quantici?
R: Questo infatti è esattamente ciò che si è fatto fino ad oggi in molte applicazioni. Il vantaggio dei punti quantici consiste nella possibilità di ingegnerizzare le frequenze di emissione e posizionarli a piacimento. Un aspetto specifico riguarda le applicazioni in ambito biologico: i materiali inorganici sono tipicamente molto più biocompatibili rispetto ai materiali organici. Il termine punto quantico tuttavia indica molti materiali diversi. La loro biocompatibilità va valutata caso per caso, in relazione anche ad eventuali trattamenti e ricoprimenti del punto quantico necessari per specifiche applicazioni nano-tecnologiche.
D: Ho sentito parlare di circuiti elettrici, transistor, che potrebbero funzionare con un solo elettrone. Che vantaggio ci sarebbe? Perché’ i punti quantici sarebbero utili per questa applicazione? Riescono forse ad intrappolare un solo elettrone mentre altri metodi non ci riescono? Lei menziona i laser a quantum dot….
R: Un transistor a singolo elettrone è un dispositivo, per esempio un punto quantico, che può trovarsi in due stati, per esempio pieno o vuoto. Un dispositivo digitale che funziona sulla base di una corrente costituita da un elettrone alla volta ha ovviamente il vantaggio di ridurre al minimo dimensioni e consumo dei transistor. Inoltre gli stati sono stabili, poiché l’elettrone rimane intrappolato anche quando viene spenta la corrente che l’ha costretto nel punto quantico. Ma ci sono altri vantaggi.
Si possono infatti manipolare gli stati quantici di un singolo elettrone (per esempio il suo spin), ponendo le basi per la implementazione di un computer quantistico (un computer che potrebbe svolgere compiti che i computer classici, basati sulla carica, non potrebbero svolgere). Per intrappolare un solo elettrone, i punti quantici sono ideali. In primo luogo, per la loro dimensione ridotta, se vengono occupati da un elettrone ci vuole una energia sufficientemente alta per infilarcene un altro. Nei punti quantici ottenuti per litografia è relativamente semplice controllare la corrente, e quindi il numero di elettroni intrappolati nel punto quantico, semplicemente attraverso la tensione applicata.
I laser a quantum dot sono un’altra faccenda. Tutte le eterostrutture, come i pozzi o ii punti quantici, hanno una emissione ottica particolarmente efficiente (più radiazione emessa per energia assorbita). Questo fatto, unito alla stretta banda di emissione e soprattutto alla possibilità di cambiare la frequenza di emissione, rende i punti quantici (come i pozzi o i fili quantici) particolarmente adatti alla realizzazione di laser.
D: Le buche non sono vere particelle mentre gli elettroni lo sono (hanno massa, etc…). Perché’ le buche sono così importanti nel descrivere il comportamento elettrico dei semiconduttori? Non si potrebbe spiegare e capire tutto seguendo i soli elettroni? Ha una spiegazione euristica e concettuale?
R: Se togliamo un elettrone a un solido (che è neutro) creiamo una lacuna, ovvero una regione che appare a tutti gli effetti come una particella di carica positiva. Per esempio, applicando un campo elettrico con due elettrodi, gli elettroni si sposteranno il più possibile verso il polo positivo. Conseguentemente la lacuna si sposta dalla parte opposta, il polo negativo, cioè reagisce ad un campo elettrico come una vera e propria particella di carica positiva. E’ certamente possibile trattare solo le ‘vere’ particelle, gli elettroni, che tuttavia sono dell’ordine del numero di Avogadro. E’ chiaramente molto più conveniente seguire la dinamica di una sola particella positiva.
D: Cos’è un eccitone?
R: Un eccitone è una particolare eccitazione di un semiconduttore: in seguito all’assorbimento di un fotone, un elettrone viene eccitato dalla banda di valenza a quella di conduzione. Come si è detto, il vuoto lasciato nella banda di valenza può essere convenientemente descritto come una particella positiva. L’elettrone e la lacuna, avendo carica opposta, si attraggono e rimangono legati l’uno all’altra, similmente al sistema terra-luna, o ad un elettrone al suo ione.
D: Cosa sono i plasmoni di superficie
R: I plasmoni sono eccitazioni collettive, ovvero moti coordinati di tutti gli elettroni del solido. Si possono visualizzare come le oscillazioni di un fluido in una vaschetta. Nel caso di nano-strutture, queste eccitazioni consistono di onde di carica che si propagano in prossimità della superficie, accoppiandosi in modo particolarmente efficiente alla radiazione elettromagnetica.
D: Il transistor ha rivoluzionato il mondo dell’elettronica sostituendo i più pesanti, più lenti dei triodi. Che cosa si intende quando si parla di “computer ottico”? Come lo spiegherebbe ad un neofita come me? E’ la stessa cosa del computer quantistico?
R: Gli stati di un fotone sono in un certo senso simili agli stati dello spin di un elettrone. Per esempio un fotone può essere polarizzato circolarmente in due opposte chiralità (cioè il campo elettrico ruota verso destra o verso sinistra), e in questo senso sono simili ai bit di un registro digitale. Questi stati possono essere manipolati, per effettuare delle operazioni, per esempio facendoli passare attraverso certi materiali che ne ruotano la polarizzazione. In linea di principio si può perciò realizzare un computer ottico, cioè un dispositivo che si basa sugli stati della luce piuttosto che sugli stati di carica di un transistor. Questo tipo di dispositivo è anche un buon candidato per costruire un computer quantistico, perché gli stati dei fotoni sono particolarmente robusti, non si degradano cioè per effetto della interazione con il materiale in cui si propagano, come invece tendono a fare gli stati elettronici. Per lo stesso motivo, però, non è semplice manipolarli e, in particolare, non è facile fare interagire due fotoni, una operazione necessaria per costruire un computer quantistico costituito da tanti bit.